7 Gennaio 2022 By wp_149152

Comandamenti: obbedienza che diviene libertà

Il decalogo vissuto con amore

Avete mai notato che , tutto sommato i Comandamenti sono delle “leggi naturali”?

Le indicazioni che ci vengono date sono addirittura banali sotto l’interpretazione etica.

Non ci vuole un grande sforzo a capire che non bisogna uccidere. Altrettanto facile è comprendere che sia male rubare, dare testimonianza falsa o desiderare la donna d’altri.

Che significato può quindi avere una legge che ci indica di non fare azioni che sappiamo benissimo di non dover compiere?

Il significato c’è, è molto profondo, e si inserisce nel lavoro pedagogico di Dio.

Il Decalogo inizia con “IO sono il Signore TUO Dio”. E allora iniziamo a riflettere sulla prima parola: IO.

Dio si presenta a Mosè iniziando con IO, non per mania di protagonismo, Dio non ne ha bisogno. La sottolineatura è il “moto a luogo” di un Dio che personalmente si muove verso l’uomo. Si abbina al TUO successivamente indicato.

Dio ci dice in questa formula, presente tra l’altro sia nella versione dell’Esodo che in quella del Deuteronomio, che abbiamo un Dio PERSONALE. Un Dio che conosce ognuno di noi perché è LUI che ci ha “pensato” e quindi creato.

Le regole che seguiranno sono elencate all’imperativo, ma tutto è preceduto da questo indicativo: “Io sono il Signore tuo Dio”.

La suddivisione

Sant’Agostino divise le regole in due parti: da allora le immagini delle tavole sono spesso riprodotte non come quelle in foto in questo articolo, ma mettendo su una tavola i prini 3 comandamenti e sull’altra gli altri 7.

È una suddivisione che divide le regole dell’amore per Dio da quelle dell’amore verso il prossimo.

I primi tre comandamenti sono infatti quelli del credente. Ma gli altri 7 riportano indicazioni etiche universali.

Il decalogo va però preso come un TUTTO indissociabile: che disattende un comandamento viene meno anche a tutti gli altri. Vediamo il perché.

Giovanni nella sua prima lettera scrisse: “Chi ama Dio, ami anche suo fratello” (1Gv 4,20). Questo anello lega i primi 3 comandamenti agli altri, e porta il discorso sull’amore. Se i primi 3 comandamenti sono quelli dell’amore di Dio, allora anche gli altri 7 vanno visti attraverso gli occhi dell’amore.

Dobbiamo quindi sforzarci a capire che i comandamenti non vanno osservati e interpretati come un obbligo per salvarci, ma come un ringraziamento a un Dio che col sacrificio di suo Figlio ci ha già salvati.

L‘amore

Infrangere uno qualsiasi dei Comandamenti è quindi offendere l’amore di Dio, e non solo il prossimo.

I comandamenti intesi e osservati sotto l’ottica dell’amore non sono pesanti. L’amore infatti trasforma l’obbedienza in libertà. Essere liberi di amare e di osservare regole che sono benefiche per noi, per il prossimo, e che ringraziano Dio è gratificante.

Il motivo per cui le regole del Decalogo sembrano “banali” (abbiamo detto che tutti sappiamo da sempre che non dobbiamo uccidere, rubare, ecc.) ha una ragione. Esse sono sempre state scritte, prima ancora che sulle tavole, nel codice genetico dell’uomo fin dalla sua creazione.

Sono regole che STANNO dentro di noi. Ma che costituiscono solo una base. Ricordiamo le parole di Gesù: “Che merito ne avreste: fanno così anche i pagani”. Il passo successivo sono infatti le Beatitudini.

Le beatitudini non sono un precetto, anche perché sono difficili (anche se non impossibili) da raggiungere. Amare il proprio nemico, scoprire il significato di essere umili, rendersi servo del proprio fratello, cancellare la superbia con l’umiltà dei poveri in spirito. Questo è il mandato ai Cristiani.

Vivere con AMORE significa quindi rispettare il decalogo e incamminarsi verso le Beatitudini, ovvero il senso del cammino terreno.

Si ringrazia il prof. Don Roberto Poletti per le lezioni universitarie di Comandamenti.