Il rito vetero-testamentario della Pesach (Pasqua)
Come si svolse l’ultima cena
Gesù era osservante, e come sappiamo si recava abitualmente nelle sinagoghe e al Tempio.
Consumò l’ultima cena con i suoi la sera del 14 nisan, quando era formalmente iniziata la giornata del 15, col tramonto del sole.
Il rito
Il rito aveva una sua forma precisa e consisteva in un “antipasto” che precedeva la consumazione dell’agnello della Pasqua.
Il riferimento storico, come sappiamo, è quello del “passaggio” (pesach, פסח) dalla schiavitù di Egitto alla ricerca della Terra Promessa.
Le due parti della cena vengono dissociate nella liturgia pasquale.
Prima parte
All’inizio il capo-famiglia (e nel caso dell’ultima cena, Gesù), impartisce la benedizione su un primo calice. Viene poi servito l’antipasto, che consiste in un piatto di erbe amare e verdure, che vengono intinte in una passata di frutta.
A quel punto viene servito l’agnello, ma prima di consumarlo il capo-famiglia procede a benedire un secondo calice e fa memoria della liberazione dall’Egitto.
Seconda parte
La seconda parte inizia con il bere il secondo calice e segue la benedizione sul pane azzimo. Il giorno del pesach è infatti il primo dei giorni degli azzimi.
Il capo-famiglia prende un pane e recita la formula: “Sii benedetto Tu, Signore nostro Dio e Sovrano del mondo, che fai scaturire il pane dalla terra”, a cui i presenti rispondono: “Amen”.
C’è quindi lo spezzare del pane e la distribuzione ai commensali in segno di condivisione (e per noi Cristiani anche a prefigurazione del corpo di Gesù spezzato).
Solo a questo punto l’agnello veniva effettivamente consumato.
Mentre si mangia si intonano canti di ringraziamento: è “eucaristêin” ovvero “ringraziare mentre si mangia.
Gesù e gli Apostoli cantarono l’hallel pasquale, ovvero l’inno che comprende i salmi 113-118.
Quello eucaristico è uno dei quattro fini del Memoriale del Sacrificio: eucaristico (ringraziamento IN CRISTO, CON CRISTO, PER CRISTO), adorazione e lode (riservate solo a Dio), Espiazione (partecipiamo col perdono ricevuto a Cristo morto per i nostri peccati) e Intercessione o propiziazione (il Memoriale è celebrato per vivi e morti).
La preghiera eucaristica è dunque da intendersi nel celebrare l’intera Santa Messa, a cui partecipa con noi anche tutta la Corte Celeste. L’altare perciò NON è la tavola dell’ultima cena, ma il Calvario del quale i gradini del presbiterio sono segno di salita.
E forse non tutti sanno che ogni abside di ogni chiesa è volutamente e leggermente asimmetrico, perché richiama al capo di Gesù inclinato sulla Croce.
I riferimenti al rito sono tratti dall’opera di Franz Courth, “I Sacramenti. Un trattato per lo studio e per la prassi” – Biblioteca di Teologia contemporanea – Ed. Queriniana (6.a edizione 2018).
La fotografia illustra il seder copok.