La chiamata di Matteo e la nostra risposta
Anche Matteo forse si è chiesto: “Perché proprio io?”
In quel tempo, mentre andava via, Gesù, vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: «Seguimi». (Dalla liturgia)
Chissà cosa avrà pensato Matteo quando ha sentito la voce di Gesù che lo invitava a seguirlo.
Matteo era responsabile della riscossione delle imposte. Probabilmente, visto il lavoro che faceva, non era più tanto giovane. Probabilmente non era nemmeno un uomo molto esperto di cose di religione: nella vita aveva sempre fatto altro.
E allora avrebbe potuto chiedersi, udendo le parole di Gesù che lo invitavano a seguirlo: «perché proprio io? Non c’è qualcuno più adatto di me?».
È una domanda che è inevitabile farsi, ma è una domanda inutile. Il motivo delle decisioni di Dio le conosce solo Dio. E non riusciamo spesso a capire il perché: i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, come il cielo è alto sulla terra così i suoi pensieri sovrastano i nostri pensieri e le sue vie sovrastano le nostre vie (Isaia 55,8).
E allora cosa è giusto fare, quando il Signore ci chiede qualcosa? Fare quello che ha fatto Matteo: alzarsi e seguirlo. Alzarsi è la risposta dell’entusiasmo, è la scintilla iniziale, ed è necessario che ci sia. Ma non basta: una volta alzati è necessario seguirlo. Per seguire il Signore, per fare la sua volontà, è necessaria, dopo la decisione iniziale, la perseveranza: seguirlo quando la strada è piana e quando è in salita, quando c’è bel tempo e quando piove.
Chiediamo al Signore la grazia di sapergli rispondere con entusiasmo e di darci la forza di perseverare sulla via che ha tracciato per noi.