Resurrezione e Vita Eterna, il destino del cristiano
La risposta di Gesù ai Sadducei indica il futuro che Dio vuole per noi
«Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: “Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe”. Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui».
(Dalla liturgia)
Gesù si trova a discutere con un gruppo di sadducei, una fazione religiosa ebraica che, tra le altre cose, negava la risurrezione dai morti.
Questi uomini, come prova dell’assurdità dell’idea che i morti risorgono, portavano la storiella della vedova che aveva avuto in vita sette mariti: era infatti una prescrizione della legge di Mosè che se una donna fosse rimasta vedova in giovane età senza aver avuto figli, avrebbe dovuto sposare un fratello o un parente del marito defunto per dargli una discendenza.
La donna dunque ha sposato, uno dopo l’altro, sette fratelli, e tutti sono morti prima di lei. Dunque, nella vita eterna si troverà ad avere sette mariti?
È evidente dove vuole andare a parare il ragionamento: l’idea di una vita eterna, di una vita dopo la morte, è un’assurdità, è un controsenso. Non ha alcuna logica. Questo ragionamento, più che negare la vita eterna, la mette in ridicolo.
La conclusione di questi sadducei è molto attuale. Anche senza fare un ragionamento simile essi la pensano come la maggior parte dei nostri contemporanei: la vita eterna in realtà non esiste, è un’idea assurda.
La risposta di Gesù invece è la più chiara possibile: i morti risorgono. La vita eterna esiste eccome. Pensare che non esista è un grave errore, che va contro tutto l’insegnamento della sacra scrittura e soprattutto contro la verità delle cose. L’insegnamento di Gesù è lampante: Dio ci ha creati non per la morte, ma per la vita. Pertanto la prospettiva della vita eterna non è una vuota consolazione per tentare di esorcizzare la paura della morte, ma è una verità che ci riguarda tutti.
Il cristianesimo non è una filosofia che vuole rendere il mondo migliore, che si contenta di rendere più giusta, più vivibile la vita in questo mondo. Il cristiano spera nella vita eterna, non solo ci spera, ma ci crede con convinzione fondata: Dio ci ha creati per la vita eterna.
La vita terrena è una cosa grande, una cosa seria. Ed è una cosa grande e una cosa seria proprio perché ha lo sbocco nell’eternità. Se fosse destinata a finire nel nulla non sarebbe né grande né seria: sarebbe solo un lasso di tempo da cui trarre il massimo dell’utilità e del divertimento possibile in attesa della morte. Viceversa, avendo la prospettiva della vita eterna, tutto cambia aspetto: ogni nostra azione, ogni nostra decisione si confronta necessariamente con questa prospettiva. Il timore di perdere la gioia e di guadagnare la sofferenza per l’eternità non possono non influire sul nostro modo di vivere, di ragionare, di amare.
La mancanza di fede nella vita eterna non è cristiana. È un punto fondamentale della nostra fede, senza il quale tutto diventa inutile.
Il Signore ci ha creati per la vita eterna. Se ci avesse creati per farci vivere un po’ e poi farci tornare nel nulla da cui ci aveva tratti non sarebbe un Dio d’amore, ma sarebbe un mostro di una crudeltà terribile.
La vita eterna esiste, e non la dobbiamo perdere. Viviamo in questa prospettiva, viviamo per non perdere questo appuntamento, che in fondo è l’unico che conta nella vita.
La vita eterna non solo è bella ma rende anche bella questa vita, bella e impegnativa, proprio perché vissuta nella prospettiva della gioia eterna che non avrà fine.