Il metro è quello dell’amore e non dell’apparenza
L’obolo della vedova
«In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere».
(Dalla liturgia).
Come dev’essere il nostro dono? Non frutto del nostro superfluo, ma del nostro sudore. L’amore porta al sacrificio. Siamo chiamati a dare con lo spirito della vedova, la quale ha dato tutto quello che aveva. La vedova aveva capito che Dio non accetta i nostri rifiuti. Per salvarci il Padre celeste non ha risparmiato Cristo suo Figlio, il quale da ricco che era diventò povero per noi, come dice San Paolo.
Non bisogna dare per dovere o per essere ammirati dagli uomini. Bisogna dare con gioia anche se ci costa molto. Dio ama chi dona con gioia e con larghezza di cuore. Il dono che non costa sacrificio non è un santo dono. Una cosa è certa: a chi dona con gioia e larghezza di cuore non mancherà mai il pane quotidiano.
Il dono di Abele era gradito a Dio perché non dava i rifiuti o il superfluo. Per questo motivo Abele non mancava di nulla. Quando ci fu il terremoto in Irpinia, mi ricordo che in una Parrocchia ci fu l’appello a portare vestiti o somme di denaro per i fratelli terremotati, accadde che la gente portava costumi da bagno o indumenti estivi come se i fratelli terremotati dovessero andare a mare. Contributi in danaro furono pochi.
Qual è la qualità e la quantità del tuo contributo domenicale che dai in parrocchia per le opere di carità che si fanno in essa? Mi diceva un parroco della costa di una parrocchia abitata da persone ricche e benestanti: “Nel giorno di domenica la mia chiesa è piena di donne e uomini vestiti elegantemente, ma quando il lunedì mattina conto i soldi, mi chiedo: “Dove stanno i ricchi?”.
Oggi rimango meravigliato quando vedo che i poveri sono più generosi di quelli che manifestano un tenore di vita più elevato.